L'utilità del conflitto

di Enrica Tomasi
Inevitabilmente le aziende devono proiettarsi verso il futuro, devono prepararsi ad affrontare sfide specifiche che sono sia esterne – le aree di mercato, la qualità dei servizi, la differenziazione dei prodotti – che interne, allineare la squadra ed i singoli a trovare e realizzare soluzioni per rispondere al cambiamento.
Tra queste sfide c’è, e ancor più ci sarà in futuro, lo sviluppo di competenze legate alla gestione del conflitto, perché il conflitto si affianca al cambiamento.
Istintivamente, e forse anche comprensibilmente, associamo la parola conflitto a qualcosa di negativo: lotta, guerra, rivalità.
Non è solo così. Il conflitto può, e probabilmente dovrebbe, trasformarsi in una opportunità: tutto sta a noi, a come lo viviamo ed alla volontà di farlo evolvere.
Ma come? Prima di tutto considerando un nuovo modo di interpretarlo. C’è una definizione più utile che è un buon punto di partenza per la sua gestione: quella che intende il conflitto come l’insieme di comportamenti, obiettivi o metodi divergenti. Fare i conti con la differenza, e saperla capire, per negoziare è una delle abilità più interessanti per costruire situazioni dove pensieri, etnie, sesso, età e culture diverse possano convergere su un obiettivo comune.
Ma cosa c’è di vantaggioso in questa comune esperienza quotidiana? Il conflitto, in altre parole, è salutare ad un’organizzazione/situazione? Spesso è utile per chiarire malintesi, per incoraggiare una comunicazione trasparente, per aumentare la capacità di percepire i problemi e saperli affrontare, per migliorare il clima e la soddisfazione sul lavoro.
Non tutti però lo vedono come un’opportunità di miglioramento. C’è chi lo minimizza, chi lo evita, chi lo affronta con eccessiva energia e con negativa istintività. C’è invece chi arriva facilmente al compromesso, chi vuole vincere a tutti i costi e chi, invece, dal conflitto vuole far nascere una proposta nuova.
Non tutti insomma lo affrontano con lo stesso stile – ne sono stati individuati almeno cinque - ma ce n’è uno che porta a risultati più positivi e soddisfacenti per entrambe le parti. É chiamato stile collaborativo o “win-win” e punta a fare sì che tutti gli attori del sistema possano trarre il massimo beneficio dalla scarsità di risorse o dall’accordo.
E allora dove puntare? Le dimensioni della competenza sono molteplici e si riferiscono ad abilità relazionali trasversali: la comunicazione, l’ascolto, l’intelligenza emotiva. É indispensabile una comunicazione efficace che produca rispetto; un ascolto attento e focalizzato che sia in grado di esplorare posizioni, interessi, bisogni, emozioni e valori; un atteggiamento preparato e una capacità di gestire le emozioni.
Dal conflitto al confronto il percorso può essere semplice o accidentato, breve o complesso, istruttivo o faticoso: rimane il fatto che allenare la gestione dei conflitti significa investire in un’abilità strategica per sé e per la propria professionalità.
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